Stanno succedendo varie cose nel mondo mirrorless in questi ultimi mesi: Canon e Nikon hanno fatto le loro mosse entrando con prodotti di alta fascia nel settore, Sony ha sfornato la a7 III che per i fotografi (e per molti videomaker) è un’ottima scelta, ma soprattutto Leica, Panasonic e Sigma hanno deciso di lavorare assieme al sistema L.
Leica ha sviluppato da alcuni anni un attacco piuttosto ampio, che ospita tranquillamente ottiche luminose e che può tranquillamente essere accoppiato a un sensore Full Frame.
Pare proprio che l’ultima tendenza sia quella di abbandonare i formati più piccoli per i sensori (a proposito, leggetevi questo nostro articolo sulle dimensioni dei sensori) così da avere a disposizione una maggiore superficie per il singolo pixel e di conseguenza una migliore resa agli alti ISO sia in fase di ripresa foto che di ripresa video.
Il consorzio L tra Leica, Panasonic e Sigma
Le tre aziende di cui al titolo hanno deciso di unirsi per sfruttare al meglio l’attacco L, portando ciascuna – presumibilmente – le proprie migliori caratteristiche nell’accordo: Leica continuerà a produrre le sue macchine di alto livello accoppiate ad ottiche di altrettanto alto livello, Panasonic farà uscire corpi macchina più economici con attacco L, e Sigma dovrebbe contribuire soprattutto con le sue ottiche, che in particolare nella serie ART si sono dimostrate ultimamente ottime. Questa azienda, che ha una gestione familiare alla giapponese, ha fatto negli ultimi venti anni un salto in avanti davvero incredibile, riuscendo oggi a rivaleggiare a prezzi più bassi con i marchi più blasonati, e il 18-35mm con diversi attacchi ne è un esempio.
Il rapporto tra le tre aziende sembra essere vincente per tutti: Leica probabilmente spera di attirare nuovi clienti che entrino nel suo mondo dalla porta di Panasonic, Panasonic stessa può avvantaggiarsi della progettazione dell’attacco L da parte di Leica. E Sigma? Beh, Sigma già lavora su ottiche per il pieno formato da parecchio tempo, e avere un rapporto stretto con i costruttori di corpi, che potrebbero garantire piena compatibilità alle sue ottiche, è sicuramente una bella cosa. Questo articolo spiega un po’ meglio la situazione da un punto di vista commerciale, prendendo spunto da una intervista dei protagonisti.
In tutto questo però che succede ai consumatori?
Il vecchio adagio è che la concorrenza fa bene sempre, perchè aumenta la scelta e diminuisce i prezzi: in effetti l’ingresso di Sony sul mercato mirrorless ha pungolato parecchio altre case, che seppure a volte con un po’ di ritardo (vedere alle voci Canon e Nikon), hanno risposto.
Il problema però potrebbe riguardare una categoria specifica di consumatori che ci sta a cuore: quelli che hanno investito in corpi macchina e ottiche Panasonic e Olympus, credendo nelle possibilità del sistema micro 4/3. La domanda che si potrebbero fare è “che fine farà il sistema micro43?”.
È la fine del micro 4/3?
Naturalmente non abbiamo la sfera di cristallo, e non vogliamo nemmeno sbilanciarci in previsioni ottimistiche o meno, per cui non possiamo rispondere a questa domanda se non facendo una serie di supposizioni. Quello che possiamo fare però è cercare di convincere Panasonic a non lasciare i suoi clienti per strada (si scherza), perchè il sistema micro 4/3 è troppo efficace per dimenticarcelo.
Allo stesso tempo però vorremmo tranquillizzarvi (e tranquillizzarci) e ragionare su questo tema con voi.
Difetti in foto, pregi in video
Non nascondiamoci dietro un dito: se volete lavorare con la fotografia, probabilmente il sistema micro 4/3 non è il migliore per le vostre esigenze. Parliamo di gamma dinamica, soprattutto, ma anche di una leggermente minore efficacia nella messa a fuoco in situazioni in cui fotografare con tracciamento preciso e veloce è estremamente importante, come nel settore della foto sportiva. In più la dimensione dei fotodiodi riduce la capacità delle macchine micro 4/3 di lavorare in condizioni di scarsa luce.
Certo poi c’è tutto il discorso della portabilità e delle dimensioni ridotte degli obiettivi unite a un costo che spesso è inferiore a parità di ottica, ma in questi anni pare che i fotografi professionisti abbiano risposto in misura ridotta a questa comodità.
E invece per quel che riguarda il video? Qui da molti punti di vista il formato inventato da Panasonic e Olympus qualche anno fa vince per molti aspetti: rimane sempre la limitazione degli alti ISO, ma c’è la profondità di campo più elevata che quando si mette a fuoco manualmente è comoda, c’è la capacità di stabilizzazione quasi incredibile (le ultime macchine Olympus e Panasonic permettono di lavorare quasi senza stabilizzatore, per movimenti non troppo articolati o lunghi), c’è il fatto che fino ad oggi nessuno offre un file a 10 bit 4:2:2 a 400mbps (Fuji ci sta andando vicino) su una macchina fotografica come la GH5 o la GH5s. C’è Blackmagic, ma quello è un altro discorso di cui parliamo magari oltre, e le caratteristiche sono decisamente diverse.
Una convivenza possibile
Quello che ci pare – e speriamo – di vedere all’orizzonte è un lavoro da parte di Panasonic per mantenere in piedi i due sistemi, dedicando sempre di più le sue attenzioni in ambito fotografico a macchine che ospitino un sensore più grande, magari senza investire troppo nella produzione di ottiche che invece sarebbero offerte da Sigma o – per chi è disposto a spendere di più – da Leica stessa.
La buona notizia per chi fa video sarebbe che invece il settore micro 4/3 potrebbe essere dedicato interamente a piccole macchine che funzionino bene come fotocamere per chi viaggia e vuole andare in giro leggero, ma soprattutto per mirrorless per video potenziate, un po’ come la GH5 che è una campionessa in questo settore, ed è arrivata prima degli altri in tante cose.
In fin dei conti sarebbe un peccato per Panasonic dilapidare il patrimonio di ottiche micro 4/3 circolanti, le competenze che ha acquisito nel settore e soprattutto la fiducia dei suoi clienti, che in questi anni hanno continuato a premiarla. In più in vari mercati il micro 4/3 è molto amato (pensiamo all’India, all’est Asia e pare pure negli Stati Uniti) e a voler essere ottimisti non ci pare ci siano buone ragioni per lasciare questa strada.
Perchè essere pessimisti
D’altra parte bisogna anche considerare che tenere in piedi due lineup differenti è dispendioso, sia in termini di costi di produzione puri, che dal punto di vista dei costi di ingegnerizzazione. E in più Panasonic a un certo punto potrebbe scoprire che il settore full frame è più profittevole e che vale la pena decidere di chiudere la storia della sua gamma micro 4/3. Certo rimarrebbe Olympus, ma chissà.
Ci sono segnali positivi sull’impegno di Panasonic con le macchine a sensore micro43, come ad esempio l’annuncio del nuovo obiettivo 10-25mm, ma anche l’idea che pare che un sensore di quelle dimensioni non sia in grado di lavorare pienamente per spingersi verso l’ultima frontiera dello sviluppo tecnologico in ambito video: sono stati gli stessi responsabili di Panasonic a dire che è difficile realizzare sensori micro 4/3 che siano in grado di registrare in 8K, e pare proprio che Panasonic voglia puntare forte sulla super risoluzione in occasione delle Olimpiadi di Tokyo 2020. Non sappiamo se esistano davvero limitazioni insuperabili da questo punto di vista, ma bisogna comunque tenere d’occhio anche questi segnali.
Insomma, che fare con il micro 4/3?
Come detto sopra non siamo degli indovini, ma per il momento vi consigliamo di tenere il vostro sistema m43, o di continuare a investire in corpi e ottiche per esso. C’è sempre la possibilità Olympus, c’è il fatto che le ottiche e i corpi di questo tipo sono davvero ottimi per lavorare con il video, c’è anche l’alternativa offerta da Blackmagic con la sua Pocket Cinema 4K. In definitiva: secondo noi è davvero ancora troppo presto per decidere di lasciare una barca confortevole e così adatta alle esigenze di tanti.