Il triangolo dell’esposizione spuntato

Se avete qualche dimestichezza con la fotografia conoscete il concetto di triangolo dell’esposizione, ovvero quell’immaginario triangolo che dobbiamo percorrere per esporre correttamente le nostre immagini. Ma nel video le cose si complicano, e il triangolo dell’esposizione è un po’ spuntato. 

In questo articolo di base (se siete dei super esperti saltatelo tranquillamente) parliamo dell’esposizione corretta, di come lavorare sui vari parametri per ottenerla e delle limitazioni che ci vengono imposte dal video nella scelta di questi stessi parametri.

Il triangolo dell’esposizione for dummies

Come abbiamo già avuto modo di accennare in altri articoli, ci sono vari parametri che dobbiamo considerare per ottenere la corretta esposizione di un’immagine. Ognuno di essi riguarda un parametro fondamentale: la luce che facciamo arrivare al sensore. Eccoli:

L’apertura del diaframma

Il diaframma degli obiettivi è una membrana in genere metallica composta da varie lamelle che grazie a un meccanismo complicato si aprono e si chiudono in un cerchio di dimensioni più o meno grandi. Di base funziona così:

più è ampio il diaframma (più è grande il foro) più luce passa verso il sensore. Un diaframma ampio è indicato da un numero piccolo. Un diaframma f/1.4 è più ampio di un diaframma f/2.8, che è più ampio di un diaframma f/16

Se vi state chiedendo cosa significhi quella f prima del numero, dovete prendere in considerazione la costruzione di un obiettivo e le sue misure. Di base queste sono lunghezza dell’obiettivo stesso e sua larghezza (o diametro del foro di entrata, meglio).

Il numero che si trova dopo l’espressione f/ indica proprio il rapporto tra la lunghezza focale (ad esempio 50mm, 100mm, 24mm) e il diametro del foro di entrata della luce.

Il valore f/… è quindi molto utile per capire (entro i limiti della ragionevolezza, perché ci sono questioni ottiche più complesse che lo influenzano) quanta luce arriva al sensore a prescindere dalla lunghezza dell’obiettivo.

Ci si aspetterebbe infatti che un tubo – alla fine un obiettivo è un tubo con dei vetri in mezzo – più lungo faccia passare a parità di diametro meno luce rispetto a un tubo più corto. È proprio così, ma il numero di f/ normalizza la lunghezza prendendola in considerazione per arrivare a un rapporto che sia universale e ci permetta di capire subito quanto un obiettivo è luminoso, ad esempio, o quanta luce stia facendo passare in un determinato momento.

In questa immagine (presa da qui) è possibile vedere il foro di apertura di un obiettivo 50mm al variare di f/. A sinistra l’obiettivo a f/1.4, a destra a f/16

Se vogliamo addentrarci ancora un po’ nella questione possiamo notare che i numeri di f/ sono sempre legati al numero 2, e in genere per ricordare a memoria la progressione dei diaframmi possiamo partire da 1 e moltiplicare per la √2. Quindi:

1 – 1.4 – 2 – 2.8 – 4 – 5.6 – 8 – 11 – 16 – …

Ecco varie aperture del diaframma di un obiettivo

Come il diaframma influenza l’immagine
Un diaframma molto aperto (numero f/ basso) permetterà una profondità di campo molto ristretta, ovvero una messa a fuoco selettiva su pochi piani dell’immagine. Un diaframma molto chiuso (numero f/ alto, ad esempio f/16) permetterà di ottenere un’immagine tutta a fuoco.

Il tempo di esposizione

Quello del tempo di esposizione è un concetto molto più semplice da comprendere.

Possiamo semplicemente regolare il tempo per cui il diaframma rimane aperto, e questo avrà naturalmente un’influenza sulla quantità di luce che colpisce il sensore (Ricordate? È proprio questo che ci interessa!). In generale:

più il tempo di esposizione è lungo, più luce colpisce il sensore. Più è grande il numero che contraddistingue questo parametro, più lungo sarà il tempo di esposizione

Tanto per fare un esempio, un tempo di esposizione di 1 sarà più grande di 1/30, che sarà più grande di 1/100.

Facendo video siamo limitati a una serie molto ristretta di tempi di esposizione, ma questo aspetto lo guarderemo più sotto.

Come il tempo di esposizione influenza l’immagine
Un tempo di esposizione lungo influenza l’immagine registrando il movimento nel suo divenire. Se scegliamo ad esempio un tempo di esposizione di 1/15 di secondo e facciamo una foto a una persona che cammina, osserveremo una scia formata dagli istanti del movimento di questa persona.
Se invece scegliamo un tempo molto corto congeleremo l’azione (e non avremo tremolii dovuti al nostro movimento).

Gli ISO

Quello degli ISO è un concetto antico, che arriva dal periodo della pellicola: il sensore analogico è prodotto con sensibilità ISO diverse che corrispondono a una densità e dimensione dei granuli di alogenuro d’argento diverse. Più una pellicola ha ISO alti, più è “veloce”, cioè in grado di catturare luce anche al buio.

Questo concetto è stato subito usato anche nell’ambito del digitale, con una grande differenza: nei sensori digitali siamo in grado di cambiare gli ISO girando una rotella o schiacciando un paio di bottoni, non abbiamo bisogno di prendere un supporto specifico per le differenti situazioni in cui prevediamo di trovarci.

La regola generale che si segue per questo parametro è:

più il numero ISO è grande, maggiore è la sensibilità alla luce

È una regola molto semplice, che si porta dietro però alcune conseguenze interessanti.

In particolare il valore ISO influenza alcuni aspetti della qualità di immagine che possono essere riassunti (per sommi capi, perché ogni sensore è differente dall’altro) così:

  • aumentare gli ISO fa aumentare il rumore digitale
  • aumentare gli ISO fa diminuire la gamma dinamica
  • più un sensore è denso (e quindi più i fotorecettori sono piccoli) più avremo rumore
  • più un sensore è piccolo, più subirà l’aumento del rumore all’aumentare degli ISO

La gamma dinamica la conosciamo, più o meno: è la quantità di informazioni di intensità luminosa che il sensore è in grado di distinguere.
Il concetto di rumore invece è più sfuggente, ed è sicuramente qualcosa di visibile ma ha anche delle qualità estetiche, delle caratteristiche di piacevolezza o non piacevolezza che ci fanno dire “questa macchina produce un rumore bello”, oppure brutto.

La stessa immagine scattata alla stessa ora con diverse sensibilità ISO

Prendendo ad esempio l’immagine qui sopra, possiamo vedere come alzando gli ISO si crea un’immagine che presenta dei granelli sempre più grandi e fastidiosi.

Tutto questo dipende dal fatto che per catturare più luce bisogna far passare più elettricità attraverso il sensore (dicendola grossolanamente) e quindi si produce una sorta di rumore di sottofondo, del segnale non pulito che influenza la qualità dell’immagine.

Tutto questo è ancora più evidente in video, perché se abbiamo una macchina con una rumorosità molto elevata ci troveremo di fronte a un’immagine in movimento in cui le zone scure (il rumore è più evidente nelle zone scure e sottoesposte) sono punteggiate da granelli che si muovono. Molto fastidioso.


 

Sì, ma il triangolo dell’esposizione?

Ora che abbiamo a disposizione una descrizione di questi parametri fondamentali possiamo finalmente parlare del triangolo dell’esposizione!

Aiutiamoci prima di tutto a capire questo concetto guardando un’immagine presa in prestito da qui.

Questo del triangolo è un concetto molto interessante da tenere presente per visualizzare mentalmente il modo in cui i vari parametri di cui abbiamo appena parlato si influenzano tra loro.

Quando catturiamo un’immagine dobbiamo tenere presenti questi tre parametri, e dobbiamo renderci conto che possiamo variare uno di essi ma per mantenere un’esposizione corretta dobbiamo obbligatoriamente variare almeno uno degli altri due.

Facciamo qualche esempio fotografico:

1. Abbiamo davanti una persona che corre velocemente, e vogliamo congelare il movimento
Cosa facciamo in questo caso? Beh, naturalmente usiamo un tempo di esposizione molto rapido, per evitare che nella foto si veda una scia.
Contestualmente dovremo tenere un diaframma aperto e/o alzare gli ISO. 

2. Abbiamo un paesaggio notturno, e vogliamo che sia bello nitido
In questo caso come ci comportiamo? Prima di tutto piazziamo la macchina su un cavalletto, e poi teniamo gli ISO bassi.
Contestualmente dovremo usare un tempo di scatto lungo, perché è notte e vogliamo che si veda tutto bene. Il diaframma però lo terremo chiuso (con un numero f/ alto) in modo da avere tutto a fuoco.

E perché è un triangolo spuntato?

Finora abbiamo fatto esempi legati al mondo della fotografia, e ci siamo mantenuti nell’ambito dell’immagine statica. Questi concetti però valgono anche per il video, anche se qui abbiamo alcune limitazioni in più.

Le limitazioni riguardanti la ripresa video riguardano soprattutto la scelta dei diaframmi utili, ma soprattutto quella dei tempi di esposizione.

Tempo di esposizione e framerate

Sì, bisogna considerare il framerate, di cui abbiamo già parlato qui, e di cui abbiamo già detto che influenza il tempo di esposizione secondo la regola per cui

il tempo di esposizione deve essere il reciproco del doppio del framerate

Ad esempio, se stiamo girando a 24 frame al secondo, il tempo di esposizione dovrà essere pari a 1/48s, o il valore più vicino disponibile sulla nostra camera.
Stiamo facendo uno slow motion a 100 frame al secondo? Ci vuole un tempo di esposizione di 1/200s.

Ci sono delle eccezioni a tutto questo, ma è meglio cercare di attenersi a questa regola.

Diaframmi utili

Se quella riguardante il tempo di esposizione è una regola piuttosto stretta, quello dei diaframmi è un parametro da considerare soprattutto per questioni di praticità.

Un diaframma molto aperto su un sensore grande significa profondità di campo molto ristretta, e quindi – ad esempio se stiamo lavorando con un gimbal o con una steadycam – necessità di avere un controllo completo del mezzo per tenere tutto a fuoco, oppure uso di un altro operatore che lavori sui fuochi.

C’è poi da dire, come abbiamo già accennato nel nostro articolo sui filtri ND, che avendo parecchie limitazioni in termini di velocità dell’otturatore, chi fa video può trovarsi costretto a lavorare a diaframmi chiusi quando si trova in ambienti molto illuminati. Questo può ridurre le possibilità espressive, ed è proprio uno dei motivi per cui nascono i filtri ND.


 

Insomma, il triangolo dell’esposizione in ambito video è un triangolo spuntato, a cui dobbiamo adattarci per lavorare e ottenere la giusta luce per le nostre riprese.

2 Comments:

  1. Cosa succede se uso un tempo diverso dal doppio del framerate ? Superiore o inferiore ???

    • Ciao Mario, per rispondere alla tua domanda bisogna tirare fuori il concetto di motion blur, di cui abbiamo parlato anche qui: http://www.videoreflex.org/24fps-look-cinematografico/.
      Per farla breve, spostando l’otturatore su valori più bassi rispetto a quelli suggeriti dalla regola del doppio del framerate, in sostanza avremo una serie di immagini in cui viene catturata più “scia” del movimento nei singoli fotogrammi. Fino a un certo valore (che dipende anche dalla velocità del movimento catturato) questa scia non si vedrà molto, oltre quel valore l’immagine si farà confusa e piena di scie.
      Se al contrario saliamo con l’otturatore, succederà che l’immagine catturata sarà più ferma, e oltre un certo limite diventerà scattosa e poco naturale, perché ciascun fotogramma non si fonderà per bene con quello successivo a causa dell’assenza di scie.

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